Diego? Appena l’ho sentito, ho sentito mio figlio

Diego? Appena l’ho sentito, ho sentito mio figlio

Lo giuro, non lo stavo cercando. Avevamo la lista aperta sul tavolo da settimane. Nomi e nomi. Luca, Matteo, Andrea. Tutti belli. Tutti giusti. Ma niente che mi facesse venire quel nodo in gola. Sai, quella sensazione che ti prende e ti dice: è lui. È questo.

Poi un giorno sono al parco, seduta su una panchina, un pomeriggio di fine maggio. Fa caldo, ma ancora si sta bene. Davanti a me due bambini giocano a pallone. Uno chiama l’altro: “Diego, passala! Dai Diegooo!”. Non lo avevo mai considerato. Ma in quel momento ho sentito il nome e ho visto mio figlio.

Non so se anche a te è successo, o se sei ancora lì che cerchi e cerchi. Ma se sei capitata su questa pagina, forse Diego ti risuona dentro. Provo a raccontarti perché potrebbe essere proprio lui.

Un nome che sa di sole e di passi decisi

Diego non è un nome che si lascia sussurrare. È un nome che esce dalla bocca con forza.

Sa di Sud, di estate, di risate per strada. Ma anche di intelligenza, di quella che osserva prima di parlare. E di cuore. Diego è un nome che ha cuore.

Se chiedi a dieci esperti da dove viene, probabilmente ti danno dieci risposte diverse. Alcuni lo legano a un nome latino, Didacus, che in qualche modo ha a che fare con l’insegnamento, con il sapere. Altri dicono che deriva da Santiago, San Giacomo. E quindi assume un significato più spirituale, più legato alla protezione.

A me piace pensare che tenga insieme le due cose: la testa e il cuore. Il sapere e il credere. L’imparare e il proteggere.

Ma com’è un bambino di nome Diego?

Conosco tre Diego. Nessuno uguale all’altro. Ma tutti e tre hanno una cosa in comune: ti restano impressi.

Uno è un mio ex compagno delle superiori, che parlava poco ma, quando lo faceva, diceva cose che non dimenticavi. Un altro è il figlio di una collega: sei anni, un concentrato di idee e domande che ti fanno venire voglia di riscrivere il mondo. Il terzo è il figlio della mia vicina: non sta fermo un secondo, ma ha uno sguardo che ti spiazza, come se sapesse sempre un po’ di più.

Diego è così. Non è un tipo. È una presenza. Lo senti anche se sta zitto. E quando ride, lo fai anche tu.

È un nome comune?

Nel Sud Italia, soprattutto dopo gli anni ’80, è diventato un nome molto amato. E come dargli torto? C’è stato un Diego – inutile fare finta di niente – che ha fatto sognare intere città. Ma oggi, Diego non è più solo un omaggio a Maradona. È tornato ad essere se stesso. Forte, pulito, moderno senza perdere l’anima.

In una classe di venti bambini, probabilmente ce n’è uno. Non è raro, ma nemmeno inflazionato. E quando lo chiami, non si girano in tre.

Onomastico? Ce ne sono almeno tre

C’è chi festeggia Diego il 15 gennaio. Altri il 12 novembre. Qualcuno il 9 dicembre. Tre possibilità, scegli tu quale ti suona meglio. O, se vuoi, tutte e tre. Più occasioni per far festa.

E per le bambine?

Diega esiste. Suona strana, forse. Ma c’è. E ha un che di affascinante, come quei nomi antichi che non senti più ma che ti fanno fermare un attimo a pensare. Se ami le scelte fuori dal coro, potresti pensarci.

Perché Diego, oggi?

Perché regge. Cresce bene. È un nome che funziona da piccolo ma anche a 40 anni su un biglietto da visita. È un nome che cammina dritto, ma sa anche correre. Che ha personalità, ma non bisogno di farsi notare a tutti i costi. E che – cosa rara – ha un suono che non stanca.

Se lo scegli, scegli un figlio che potrà diventare chi vuole, ma con un nome che lo accompagnerà sempre come una carezza decisa.

Alla fine…

Diego è una voce calda. Una voce che chiama, ma che non grida. Che dice: “Ci sono. E resto”. Se senti che ti somiglia, non cercare altro. Forse è già lui che ha trovato te.

 

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