Fenilchetonuria: tuo figlio ha fatto il test?

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La Fenilchetonuria (bota anche come PKU), è una malattia metabolica rara, che nel mondo interessa più di 50.000 persone e che nella sola Italia si stima colpisca 1 bambino ogni 2.581 nati. E’ una patologia rara di cui si parla molto poco, ma esiste ed è necessario diagnosticarla in tempo affinchè chi ne è affetto possa intraprendere le cure e gli accorgimenti necessrai.

Che cos’è la Fenilchetonuria?

La Fenilchetonuria è una patologia, che si presenta fin dalla nascita e che è caratterizzata dalla mutazione di un gene, la fenilalanina idrossilasi (PAH), necessario per il metabolismo della fenilalanina (Phe), un aminoacido essenziale presente in quasi tutti gli alimenti proteici.

Fenilchetonuria diagnosi

Lo screening neonatale è stato introdotto in tutto il territorio nazionale a partire dai primi anni ’90. E, da quel momento, la comunicazione della diagnosi avviene alla nascita del figlio: in genere, per i genitori è uno shock. Lo screening è fondamentale per diagnosticare questa patologia, coSì come altri disordini metabolici. Il test che si effettua non è complicato: entro le prime 72 ore di vita, vengono raccolte alcune gocce di sangue dal tallone del piccolo. Il prelievo effettuato permetterà di rilevare la quantità di fenilalanina presente nel sangue e da li a poco arriverà la risposta. Se il risultato sarà positivo, a quel punto sarà necessario effettuare una serie di accertamenti con medici e strutture specializzate.

Fenilchetonuria cura

I pazienti affetti da Fenilchetonuria, dovranno seguire una dietoterapia a vita.

Fenilchetonuria dieta: in cosa consiste?

La cura per i pazienti affetti da questa patologia risiede nella dieta. Per conoscere meglio il trattamento dedicato ai pazienti affetti da questa patologia, abbiamo sentito alcuni esperti. «Nell’esclusione o nella limitazione degli alimenti contenenti l’aminoacido fenilalanina, che si trova nella maggior parte dei cibi ricchi di proteine come carne, pesce, uova, salumi, ma anche pasta e pane comuni. Inoltre, si aggiungono alimenti dietetici speciali a ridotto apporto di proteine e formule con aminoacidi, vitamine e minerali prive di fenilalanina, per poter soddisfare i fabbisogni nutrizionali di chi è affetto da Fenilchetonuria», spiega Alice Dianin, dietista presso l’AOU di Verona, centro regionale per lo screening neonatale, la diagnosi e il trattamento delle malattie metaboliche ereditarie e le malattie endocrinologiche congenite. «L’obiettivo principale della dieta è il mantenimento di valori ematici adeguati, per evitare le complicanze soprattutto neurologiche della malattia e per assicurare crescita e sviluppo motorio e cognitivo normali. Ecco perché va seguita per tutta la vita, sapendo che la dieta è sempre personalizzata, e accuratamente studiata e calcolata secondo i fabbisogni e la gravità della patologia».

Soprattutto durante il periodo dell’infanzia, però, seguire la dietoterapia può essere anche un fattore che fa sentire il bambino escluso o diverso a scuola, durante l’ora della merenda o durante le feste di compleanno per esempio. «È fondamentale che i genitori acquisiscano sin da subito gli strumenti per comunicare al meglio con il loro bambino anche questi aspetti. Spiegando, attraverso l’uso di metafore, esempi o immagini che ai più piccoli sono più familiari, il perché delle visite, della dieta, della differenza dei cibi rispetto agli altri, coinvolgendoli nella gestione della malattia cucinando insieme fin dall’inizio, mostrandogli quali sono le farine adatte a loro o come si usano i preparati di miscele aminoacidiche. Questo aiuterà il bambino nel suo processo di autonomia e di autoefficacia. E non solo: lo metterà nelle migliori condizioni di condividere con gli amici o con i compagni il perché della differenza della sua dieta. La differenza, allora, non sarà vista più come un limite, ma sarà una caratteristica», aggiunge Chiara Cazzorla.

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