“Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli, ma non ne fu in grado“: inizia così la favola “La volpe e l’uva“, una delle storie più note e tramandate di generazione in generazione.
La favola “La volpe e l’uva” è diventata talmente virale tra grandi e piccini da aver ispirato un vero e proprio modo di dire, ovvero quello di comportarsi come il furbo animale di fronte all’impossibilità di raggiungere anche solo un acino di frutto, quando si manifesta un’incapacità a tagliare un traguardo personale o professionale. Qual è la versione intera della favola e quale il messaggio che vuole trasmettere?
La volpe e l’uva, testo originale
La storia “La volpe e l’uva” si è arricchita nel corso dei secoli di piccole varianti; la storia originale, tuttavia, vede due versioni contrapporsi: quella di Esopo e quella di Fedro.
Si tratta di due piccolissimi testi, che differiscono in realtà in maniera minima e che mirano a promulgare lo stesso, identico messaggio: la presunzione non premia sempre e se un obiettivo non viene raggiunto non è possibile colpevolizzare sempre le circostanze.
La versione di Esopo
“Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli, ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: «Sono acerbi.» Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze.”
La versione di Fedro
“Spinta dalla fame una volpe tenta di raggiungere un grappolo d’uva posto in alto sulla vite, saltando con tutte le sue forze. Non potendo raggiungerla, esclama: “Non è ancora matura; non voglio coglierla acerba!”. Coloro che sminuiscono a parole ciò che non possono fare, debbono applicare a se stessi questo paradigma.”
Morale della favola La volpe e l’uva
Oltre alle due versioni ufficiali della favola, esistono varianti sul tema “La volpe e l’uva”, riscritte esplicitamente per i più piccoli e aventi il chiaro intento didattico di spingere i giovanissimi a riflettere sul senso della storia.
Senso che, se viene chiaramente esplicitato da Esopo e Fedro, viene quasi sottinteso in racconti e filastrocche, ben più lunghi e “contornati” di altri personaggi, con protagonista la volpe che cerca di raggiungere l’uva. L’aggiunta di co-protagonisti alla favola “madre” serve a sottolineare quanto la volpe sia il simbolo di alcuni valori da non perseguire: l’aggressività, la prepotenza, l’arroganza, ma soprattutto l’incapacità di ammettere i propri limiti.
Limiti che vengono messi in evidenza non solo dall’irraggiungibilità dell’uva per il predatore, ma anche dallo “sberleffo” della cornacchia, uno degli “antagonisti” inseriti in una versione più moderna e lunga della storia, che al contrario del mammifero può risalire e degustare gli acini del frutto senza alcuna difficoltà.
La volpe, animale astuto per eccellenza, viene messa sotto scacco da un grappolo di succosa uva, che essa non esita a definire “acerba” quando si rende conto di non poterla assaggiare. La morale della favola è: è importante accettare i propri limiti, invece di giustificare il proprio fallimento denigrando o sminuendo il prossimo. Mai disprezzare quello che non possiamo ottenere.
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